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Facendo slalom tra microfoni, taccuini e giornalisti spiaggiati nella calura insopportabile della Questura in attesa della rivelazione che li liberi finalmente dallo stato di patologica confusione svelando loro quel che ormai non capiscono più – chi ha ucciso Chiara Poggi – un giovane in pantaloni comodi e maniche di camicia arrotolate usa il tono del cazzeggio avvicinando a turno i cronisti con – ritiene forse – le difese più abbassate.
“Ma venite sempre qui?” Eh, talvolta. “Per esempio, siete venuti anche per la storia del figlio di La Russa?”. Mah, chi fa la nera o la giudiziaria di quella storia si sarà pure occupato. Ma come mai chiedi a noi, bel fioeu di zona 1 con gli occhi blu? “No, sai…è che è un mio amico“. Ah. “E non ho ancora capito com’è andata veramente quella storia”. Aaah. Parla della nota indagine su una presunta violenza sessuale e del relativo presunto caso di revenge porn. Beh, sul revenge porn – fanno notare i giornalisti – hanno chiuso le indagini sì certo c’è la questione dell’elemento soggettivo, si vedrà in tribunale come andrà a finire, il fatto in sé però è abbastanza pacifico. La violenza, invece, boh. “Ah hanno chiuso le indagini, vuol dire che archiviano?”. No, significa che tendenzialmente chiederanno il processo. Anzi, lo hanno già fatto. “Lo hanno già fatto?”. Sì. Invece per la presunta violenza è stata chiesta l’archiviazione, anche se poi la parte offesa si è opposta. “Davvero?”.
Davvero. Davanti a tanta sollecitudine e a quegli occhi glaciali, le illuminate menti dei cronisti vengono trafitte da un sospetto. Fusse che fusse che l’amico del figlio di La Russa è un po’ il figlio di La Russa stesso? Google photos prontamente fornisce loro le risposte che un tempo, quando il mestiere era una cosa per persone serie, avrebbero cercato dentro se stessi. Capello lunghetto, la barba rada, incolta…non c’è bisogno di Dna o di un incidente probatorio. Scusa Leonardo, sei proprio sicuro di non aver capito bene quella storia? Leonardo Apache La Russa smette di fare l’indiano. Colto in flagrante, esce dalla finzione con un sorriso luminoso: “Ma come avete fatto a scoprirmi?”.
Davanti alla questura passa anche Francesco Chiesa Soprani, quello degli audio di una che col delitto di Garlasco non c’entra niente, anche se ai programmi televisivi piace tanto parlarne. Francesco che ci fai qui? “Passavo, ciao”. Ma perché sei entrato in questura, prima? “Niente, andavo a chiedere un’informazione”.
Venite a trovarci davanti in via Fatebenefratelli la prossima volta. Ci annoiamo. Magari rimediate una intervista.