giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Moratorie, Expo è la Fiat del terzo millennio

Expo è la Fiat del terzo millennio. La moratoria sulle indagini relative all’esposizione non è certo una novità. Tutto vecchio. Accadde già nel corso della finta rivoluzione di Mani pulite con la Fiat. Correva l’anno 1993. Una riunione nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli con gli avvocati della multinazionale, in testa Giandomenico Pisapia, il padre del sindaco di Milano, e zac. Via tutto. Nonostante Cesarone Romiti avesse presentato un elenco di tangenti pagate molto lacunoso (eufemismo). C’era un pericolo di inquinamento probatorio enorme. Non solo Romiti non finì a San Vittore (sempre bene quando non si usano le manette ma deve valere sempre e per tutti). Finirono le indagini, gli accertamenti, le perquisizioni, gli interrogatori, le iscrizioni nel registro degli indagati.

E la Fiat non fu l’unico colosso a essere miracolato. Il discorso fu lo stesso per la Cir di Carlo De Benedetti, per Mediobanca che fece un solo boccone di Montedison. Memorabili le parole dell’avvocato Giuliano Spazzali durante il teleprocesso a Sergio Cusani: “Se il dottor Di Pietro decidesse di andarsi a fare un giro dalle parte di via Filodrammatici io lo accompegnerei volentieri”. Tonino da Montenero di Bisaccia se ne guardò bene. Last but not least, la deposizione dell’allora ad dell’Eni, Franco Bernabè. “L’abbiamo finita con la pratica delle società off-shore?” fu la domanda del pm che sognava Mani pulite nel mondo. “La stiamo finendo” fu la risposta che confessava un reato in flagranza. Ma accadde nulla. Continua a leggere

Il giudice fa una lezione di storia a De Benedetti per spiegare l’assoluzione di Tronchetti

Sì, potevano essere “potenzialmente” delle gravi offese da ‘lavare’ in un’aula di Tribunale. Ma per il giudice Monica Amicone le frasi ‘esplose’ da Marco Tronchetti Provera contro Carlo De Benedetti erano solo critiche legittime espresse nell’ambito di una “polemica aspra” tra due veterani del capitalismo.

Nelle 32 pagine di motivazione alla sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti del presidente d Pirelli, il giudice sostiene che “per ciascuna dichiarazione sussiste l’interesse sociale”, cioé quella che definisce  “l’attitudine della notizia a contribuire alla formazione alla formazione della pubblica opinione”.

Le motivazioni, con l’analisi delle dichiarazioni (in neretto) rese all’Ansa da Tronchetti nel 2013, offrono al magistrato l’imperdibile possibilità di farsi un viaggio nella storia economico – finanziaria dell’ultimo mezzo secolo.

“L’ingegner De Benedetti fu coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano”

Coinvolto e condannato, spiega il giudice, non sono la stessa cosa. “Il fatto che De Benedetti sia stato coinvolto nel crack risulta dall’avere egli rivestito la qualità di imputato nel procedimento di bancarotta derivato dalla dichiarazione di fallimento del Banco Ambrosiano, indipendentemente dal ruolo, maggiore o minore, che ha avuto nell’ambito del crack finanziario al quale l’espressione usata dall’imputato, di per sè neutra, non si riferisce affatto”.  L’imprenditore aveva invece definito “subdola” questa frase perché per il dissesto del Banco Ambrosiano era stato assolto in Cassazione.

“L’ingegner De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti” 

Qui il giudice ci va pesante. “Ce n’è abbastanza per definire ‘discussi’ i bilanci di Olivetti senza incorrere in una falsa affermazione”. De Benedetti aveva definito invece la frase “senza senso e ingiuriosa perché tutti i bilanci erano stati approvati dalle relative assemblee”. Amicone sottolinea però che le “discussioni” di cui parla Tronchetti riguardano “l’esterno della società, l’opinione pubblica e il mercato” e, in particolare, i “diversi procedimenti penali” su quei bilanci, uno dei quali concluso con la condanna di De Benedetti”, che in aula smarrì la memoria su questa sentenza.

“De Benedetti fu allontanato dalla Fiat”

Il fondatore del gruppo ‘L’Espresso’ non se la deve prendere perché “allontanato non significa cacciato ed è un termine neutro”.  L’”istruttoria dibattimentale ha comunque dimostrato che De Benedetti “si allontanò per decisione unilaterale” in seguito a diverse vedute sulla gestione della società con l’avvocato Gianni Agnelli.

“Io e De Benedetti non parliamo la stessa lingua, come è normale possa succedere tra un cittadino italiano e uno svizzero”

Per il giudice siamo di fronte a “una canzonatura priva  di reale efficacia lesiva della reputazione del querelante che ne ha enfatizzato la portata aggressiva collegandosi all’allusione di un regime fiscale più favorevole”. (manuela d’alessandro)

Il testo completo delle motivazioni De Benedetti – Tronchetti

 

 

 

 

Il vuoto di memoria di De Benedetti al processo contro Tronchetti

Un vuoto di memoria roboante, tanto che in aula ci si guarda esterrefatti. Carlo De Benedetti, 81 anni pieni di verve, ‘dimentica’ nel processo in cui ha citato per diffamazione Marco Tronchetti Provera di avere patteggiato tre mesi di carcere per falso in bilancio quando era all’Olivetti.

Davanti al giudice, ingaggia un duello aspro col legale  del Presidente di Pirelli, l’avvocato Tullio Padovani, osso durissimo, che passa in rassegna una per una tutte le frasi incriminate del suo assistito, tra cui questa: “De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci Olivetti”.   “Quell’affermazione  è falsa – protesta l’ingegnere  – nessuno ha mai impugnato i bilanci, erano integri e genuini”.  “Le chiedo – insinua allora Padovani –  se lei ha memoria di una sentenza di condanna nei suoi confronti da parte del Tribunale di Ivrea del 14 ottobre 1999, poi passata in giudicato, per falso in bilancio in relazione ai bilanci Olivetti”. “No, non ricordo di questa sentenza perché sarà finita nel nulla l’accusa”, risponde De Benedetti. E il legale: “Non è finita nel nulla, ma con una sentenza di patteggiamento a tre mesi di reclusione per falso in bilancio con risarcimento per l’Olivetti. Le imputazioni – precisa – si riferivano a delle trasformazioni contabili. Lei non ricorda di avere risarcito Olivetti?”. “No”, risponde ancora una volta l’ingegnere. “Eppure questo risulta dalla sentenza – insiste il legale – che mi riservo di produrre. Quindi i bilanci erano criminosamente falsi e lei patteggiò la pena”. In effetti, la sentenza di patteggiamento venne revocata dalla Cassazione nel 2003 perché il bilancio qualitativo non era più previsto dalla legge come reato, ma De Benedetti sembra proprio avere smarrito ogni memoria di quella vicenda. Continua a leggere