giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

Tiziana contro il web, perché vince contro Fb e perde contro Google la battaglia sul video

Tiziana contro il web, un disperato tentativo di cancellare le orme di quel video pornografico che le aveva rovinato la vita. Dalla sentenza del giudice civile a cui si era rivolta a luglio per far oscurare le immagini traspare la lotta della ragazza contro tutti, grandi e piccoli della rete. Tiziana Cantone, pentita per avere lei stessa contribuito a diffondere la sua intimità, vince su facebook e su due testate online ma perde contro google, yahoo Italia e youtube e altri giornali . E’ il 10 agosto. Poco più di un mese dopo si toglie la vita.

Tiziana contro Facebook: “come hosting provider”, spiega il giudice di Aversa Monica Marrazzo , “non ha un generale obbligo di controllo preventivo sui sempre più estesi contenuti immessi in rete”, ma qui ce l’avrebbe avuto perché “l’articolo 16 del decreto 70/123 dispone per gli hosting provider che l’irresponsabilità viene meno ove sia al corrente di fatti che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione”. In questo caso, “tenuto conto della manifesta illiceità dei contenuti lesivi della reputazione della Cantone propalati in rete, il social avrebbe dovuto rimuovere i contenuti, senza aspettare l’arrivo della magistratura”.

Tiziana contro Yahoo Italia: il legale sbaglia indirizzo. “La società che fornisce il servizio non è Yahoo Italia ma la diversa società avente sede in Irlanda, la Yahoo Enea Limited”. Yahoo vince.

Tiziana contro Google: “non c’è l’obbligo per i catching provider (che memorizzano solo temporaneamente contenuti di terzi al fine del loro successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta) di rimuovere tutte le pagine e i siti web che siano il risultato della ricerca a seguito della digitazione del nome e del cognome della ricorrente”. In questo caso ci sarebbe voluto un provvedimento del garante o della magistratura per obbligare il motore di ricerca a intervenire.

Tiziana contro Youtube: “in linea teorica” ci sarebbero stati i presupposti per l’accoglimento della domanda della ragazza ma nel ricorso il legale non ha precisato “con chiarezza” i video illeciti pubblicati sulla piattaforma.

Tiziana contro i giornali online: è diritto di cronaca pubblicare delle immagini solo perché sono diventate di interesse pubblico? Il diritto di cronaca, argomenta il magistrato, non può risultare utile a pubblicare qualsiasi notizia riguardante la vita privata di una persona solo perché la stessa sia entrata a far parte della curiosità collettiva ove la notizia non venga riportate con le cautele che si impongono per il rispetto della dignità della persona”.

Tiziana e il diritto all’oblio:  per il giudice “non si ritiene che rispetto al fatto pubblicato sia decorso quel notevole lasso di tempo che fa venir meno l’interesse della collettività all conoscenza di questa vicenda”.

Alla fine Tiziana viene condannata a pagare 20mila euro di spese legali. Conseguenza beffarda dell’applicazione della legge.

(manuela d’alessandro)

 

Apple e Google, la “campagna” del pm Greco per diventare capo

Andare sui giornaloni e sui giornalini mentre il Csm sta per decidere chi sarà il nuovo procuratore capo di Milano aiuta, soprattutto se si parla e si scrive delle esterovestizioni di due colossi come Apple e Google. Apple che accetta di versare all’Agenzia delle Entrate 318 milioni di euro davanti a una contestazione originaria di 880 milioni. A Google ne vengono contestati 227, notificati in queste ore, e poi si “patteggerà” la somma. Sotto la supervisione decisamente anomala della procura alla quale spetterebbe solo di istruire il processo penale. Ma così è e tutto va bene madama la marchesa. A capo del pool reati societari c’è il procuratore aggiunto Francesco Greco, un magistrato già molto mediatico di per sè e in pole position per succedere a Edmondo Bruti Liberati in pensione dal 16 novembre scorso.

Uno scoop dietro l’altro per influire sulla scelta del cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati. Del resto la carica di capo dei pm di Milano tocca a Magistratura Democratica (che aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale) in una spartizione tutta politica che dura da sempre e che dovrebbe far ridere se si pensa ai proclami quotidiani di indipendenza e autonomia della magistratura. Ma diciamo che ormai, purtroppo, ci abbiamo fatto il callo.

In ballo c’è il vertice della procura più importante d’Italia anche se la fama (sia chiaro solo per chi ci aveva creduto allora) non è quella dei tempi di Mani pulite, soprattutto se si pensa alla lesione di immagine (eufemismo) verificatasi con lo scontro interno tra Bruti e Robledo, e al fascicolo Sea dimenticato per sei mesi, riemerso solo quando non si potevano più fare indagini.

Greco era nel cerchio magico di Bruti e la sua designazione assicurerebbe continuità. Greco da procuratore aggiunto nel suo curriculum vanta si fa per dire anche di aver chiesto una dozzina di archiviazioni in procedimenti per evasione fiscale a carico di imprenditori comuni mortali. Tutte respinte dal gip con intervento della procura generale che avocava e otteneva la citazione diretta a giudizio e successivamente pure diverse condanne. Della vicenda si è letto solo su questo blog, sul Giornale e sul Fatto Quotidiano.

Giornaloni e giornalini evidentemente avevano altro da fare: tirare la volata a Francesco Greco. Che la legge è uguale per tutti, nelle aule e sui media, lo vadano a raccontare altrove (frank cimini)

Google batte indagato nella prima sentenza italiana sull’oblio dopo la Corte europea

Google batte indagato nel primo verdetto sul diritto all’oblio dopo la sentenza con cui nel maggio 2014 la corte di giustizia europea ne aveva ampliato i confini stabilendo che i cittadini possono pretendere la cancellazione delle informazioni “che offrono una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio della reputazione e riservatezza”.

Un avvocato svizzero chiede al Tribunale civile di Roma che il motore di ricerca ‘deindicizzi‘ 14 link nei quali si parla del suo coinvolgimento in un’indagine su ex della banda della Magliana e su alcuni religiosi.

Nel ricorso, il legale sottolinea che in questa vicenda giudiziaria non è mai stata pronunciata una condanna a suo carico e chiede, oltre alla rimozione dei link, la condanna di Google a una somma non inferiore ai 1000 euro. Il diritto alla privacy, avevano sancito i giudici europei, va comunque bilanciato caso per caso col diritto di cronaca e l’interesse pubblico a conoscere i fatti.

Il giudice romano Damiana Colla respinge la richiesta di cancellazione perché l’indagine è ancora in corso, mancando la produzione di documenti che ne attestino la chiusura, come sentenze o archiviazioni (“il trascorrere del tempo ai fini della configurazione del diritto all’oblio si configura quale elemento costitutivo”) e presenta “un sicuro interesse pubblico”; inoltre, il ricorrente “è avvocato in Svizzera, libero professionista, circostanza che consente di ritenere che questi eserciti un ‘ruolo pubblico’ proprio per effetto della professione svolta e dell’albo professionale cui è iscritto, laddove tale ruolo pubblico non è attribuibile solo al politico ma anche agli alti funzionari pubblici e agli uomini d’affari, oltre che agli iscritti agli albi”.

Ma c’è di più. Il ricorrente non può neppure lamentarsi della falsità delle notizie riportate cercando il suo nome nel motore di ricerca “non essendo configurabile alcuna responsabilità da parte di Google, il quale opera unicamente come ‘caching provider’ (…) avrebbe dovuto agire a tutela della propria reputazione e riservatezza direttamente nei confronti dei gestori di siti terzi sui quali è avvenuta la pubblicazione del singolo articolo di cronaca, qualora la notizia non sia stata riportata fedelmente, ovvero non sia stata rettificata, integrata o aggiornata coi successivi risvolti dell’indagine, magari favorevoli all’odierno istante (il quale peraltro deduce di non aver riportato condanne e produce certificato negativo del casellario giudiziale”).

(manuela d’alessandro)

Procuratore smentisce il Corriere…. come l’uomo che morde il cane

Non era mai accaduto. E’ successo oggi. Il procuratore della Repubblica di Milano ha smentito il Corriere della Sera in relazione a un accordo raggiunto dal colosso Google con agenzia delle entrate, gdf e pm attraverso il pagamento di 320 milioni di euro per risolvere un contenzioso fiscale.

Edmondo Bruti Liberati, senza nemmeno citare il quotidiano o generiche notizie di stampa, ha emesso un comunicato ufficiale in cui afferma: “E’ stato intrapreso il contraddittorio con rappresentanti del gruppo Google…. allo stato non sono state raggiunte intese con la società che si è riservata di fornire dati che consentano di quantificare la redditività in Italia”.

Cioè, dice Bruti, l’accordo non è stato perfezionato. Su Corriere.it Luigi Ferrarella, l’autore dell’articolo, precisa che l’accordo raggiunto la settimana scorsa dopo una riunione in procura prevede che la settimana prossima la compagnia americana presenti l’istanza di adesioneall’agenzia delle Entrate sulla base della fotografia scattata dal processo di constatazione della gdf.

Anche Google aveva smentito, ma che lo faccia la compagnia interessata al contenzioso fa parte del gioco, è quasi scontato. Che il procuratore di Milano prenda, si diceva una volta carta e penna ora sostituite dal computer, per controbattere quella che al massimo appare come una inesattezza sui tempi della formalizzazione nero su bianco di un accordo già intervenuto è sicuramente singolare.

Il capo della procura di Milano che smentisce o meglio cerca di smentire il Corriere è un po’ come l’uomo che morde il cane. Insomma è una notizia, che va al di là di un pur importante contenzioso fiscale. Anche il circuito mediatico giudiziario di cui parlano spesso i critici, in realtà non moltissimi, della repubblica penale nata nel 1992 ma con ogni probabilità pure molto prima, conosce i suoi intoppi.

Tornando a Google, la settimana prossima l’accordo sarà formalizzato esattamente nei termini di cui ha scritto il quotidiano di via Solferino. Ma allora sarà una notizia vecchia. La novità, vera e unica, è il procuratore di Milano che si imbarca nella smentita (tentata) del Corriere (frank cimini)

 

Le 5 assoluzioni ‘top news’ del 2013

Abbiamo scelto le cinque assoluzioni che hanno fatto più notizia nel 2013 perché gli imputati sono stati ‘sbattuti’ in prima pagina, com’è giusto che fosse vista la rilevanza delle inchieste in cui erano coinvolti. Le assoluzioni nella maggior parte dei casi non sono ancora definitive e i pm avranno modo di fare ricorso, se lo riterranno opportuno.

 

1) VIDEO CHOC SU DISABILE: TUTTI ASSOLTI I MANAGER DI GOOGLE

La loro condanna in primo grado nel 2010 a sei mesi di carcere fece il giro del pianeta, scatenando la stampa americana che le aveva interpretate come una censura della libertà del web. Tre manager di Google erano stati giudicati colpevoli dal Tribunale di Milano per non avere impedito che fossero caricate sul motore di ricerca le immagini in cui un ragazzino disabile subiva angherie dai compagni di scuola. Ieri la Cassazione li ha assolti in via definitiva confermando il verdetto d’appello. Nessuna responsabilità da parte loro nel non avere impedito che quelle immagini crudeli diventassero uno dei video più cliccati in rete.

2) INQUINARONO L’AREA CALCHI TAEGGI: 17 ASSOLTI

L’accusa era terribile: avere avvelenato l’area Calchi Taeggi, 300mila metri quadri su cui dovevano essere edificati appartamenti. Invece, nel maggio scorso 17 imputati, tra i quali imprenditori e dirigenti dell’Arpa, sono stati assolti ‘perché il fatto non sussiste’. Secondo la Procura, gli imputati avevano voluto costruire senza bonificare l’area e avevano “alimentato l’espandersi dello stato degli inquinanti nel terreno”. Niente di tutto ciò per il giudice.

* Il 2 giugno 2014 la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione.

3) SCALATA DI UNIPOL A BNL: ASSOLTO L’EX GOVERNATORE FAZIO

“Il fatto non sussiste”. Il 6 dicembre scorso la Corte d’Appello di Milano (dopo un annullamento con rinvio della Cassazione) ha assolto Antonio Fazio dall’accusa di aggiotaggio nella tentata scalata di Unipol a Bnl. Scagionati anche gli ex vertici della compagnia di assicurazioni Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri, l’ad del nuovo colosso assicurativo nato dalla recente fusione tra Unipol e Fonsai. Si è chiuso così uno dei capitoli più roventi dell’estate dei ‘furbetti del quartierino’, quella che portò alle dimissioni dell’allora Governatore di Bankitalia (comunque condannato per la scalata di Bpi ad Antoveneta).

4) PAOLO MALDINI CORROTTO? NO, ASSOLTO

Per gli appassionati di calcio era stata una fucilata al cuore: Paolo Maldini, giocatore di talento e fair play adamantini, processato per avere corrotto un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Nel febbraio scorso i giudici l’hanno assolto “per non avere commesso il fatto”. “Giusta conclusione di un processo assurdo”, il commento della bandiera del Milan e della Nazionale.

5) CRAC SAN RAFFAELE, INCOLPEVOLI GLI IMPRENDITORI

L’accusa era associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta per avere contribuito ad affossare sotto una montagna di debiti l’ospedale San Raffaele. Il 30 aprile gli imprenditori Fernando Lora, Gianluca Zammarchi e Carlo Freschi sono stati assolti con formula piena. Un ‘passo falso’ per un’inchiesta che ha avuto il merito di scoperchiare le trame che hanno portato al quasi crac dell’ospedale fondato da Don Verzé. (manuela d’alessandro)