giustiziami

Cronache e non solo dal Tribunale di Milano

La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo)

“Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi”, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani. “Moratoria per Expo” è la spiegazione che ormai da mesi gira per il quarto piano e sulla quale concordano anche diversi avvocati preoccupati innanzitutto per la mancanza di parcelle dai ‘colletti bianchi’.

Expo ora è una sorta di patria da salvare. Non si può disturbare il manovratore, anche a costo di vedere accertamenti sul Padiglione Italia spuntare dall’inchiesta di Firenze. Ahi, Firenze, proprio l’autorità giudiziaria da dove approdò a Milano quella turbativa d’asta targata Sea poi “dimenticata” per 6 mesi in un cassetto e assegnata all’allora aggiunto Robledo quando la gara si era conclusa e le bocce tirate. (Sea, l’indagine mancata)

L’indagine su Roberto Maroni sulle assunzioni e sui 6 mila euro di un viaggio a Tokio di una consulente che il governatore avrebbe preteso fossero sborsati proprio da Expo è chiusa da tempo, ma per la formalizzazione si è deciso di aspettare. Diciamo per non interferire con il taglio del nastro del prossimo primo maggio. Per le tangenti pagate lo stop è arrivato con i patteggiamenti di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti figure della Prima Repubblica. Non è mai decollata un’indagine sul maxi appalto della Piastra, centro nevralgico dell’Esposizione. C’è anche chi maliziosamente afferma che se ne parlerà dopo il 31 ottobre, per non danneggiare il cosiddetto ‘sistema paese’ che a Parigi con Letizia Moratti e Romano Prodi sconfisse la terribile armata di Smirne.

Ci sarebbe anche un’indagine sull’amianto alla Scala, pure questa pronta per essere chiusa con il deposito degli atti. Ma si aspetta. L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è un optional in realtà. Tempo al tempo. Prevalgono criteri di convenienza e di opportunità. Cioè la politica, da parte di una categoria che per il resto non perde occasione per rivendicare indipendenza e autonomia persino quando sul tavolo della discussione c’è il periodo feriale.

E’ uno stringersi intorno a Expo che, pochi giorni fa, il sindaco Pisapia in tv ha precisato di aver solo ereditato. Ma quando si è in ballo bisogna ballare. E qui o si fa Expo o si muore. Intanto è morto di lavoro un operaio albanese. Il Corriere della Sera spara bordate contro i bamboccioni che avrebbero rifiutato stipendi da 1500 euro al mese. Poi si scopre che erano 500 euro per lavorare da mattina a sera, alle dipendenze di Manpower, azienda che qualche rapporto con via Solferino ce l’ha. Senza dimenticare i soldi che i mezzi di informazione, in testa la Rai, prendono da Expo e i fondi per la giustizia in relazione all’evento almeno fino a pochi mesi fa assegnati senza gare e con criteri poco chiari dai vertici del palazzo ( Appalti giustizia). Il presidente del Tribunale andato in pensione, Livia Pomdoro, è diventata ambasciatrice Expo. Tutti tengono famiglia, il paese intero è una famiglia le cui sorti dipendono dal buon esito dell’evento. Nella certezza ovviamente che in caso di “rosso” il deficit sarà ripianato dallo Stato con i soldi dei contribuenti. Il pezzo da pagare per aver sbaragliato Smirne. E meno male che non si trattava di New York. (frank cimini e manuela d’alessandro)

Le motivazioni della sentenza Sea.
Per il gup “accusa senza fondamento”.

Sentenza Sea

Eccole qua le motivazioni con cui il gup Anna Maria Zamagni ha assolto venerdì  dall’accusa di turbativa d’asta l’ex ad di F2i Vito Gamberale, un altro rappresentante del fondo, Mauro Maia, e il rappresentante della società indiana Srei Behari Vinod Sahai (sea-il-fantasma-di-bruti-in-aula-tutti-assolti-robledo-non-ho-potuto-indagare-a-fondo).

La vicenda è quella, tormentatissima, della vendita di quasi il 30% delle azioni Sea da parte del Comune di Milano a F2i nonché uno dei ‘casus belli’ tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo. ( atti-sea-per-6-mesi-la-procura-di-milano-non-ha-fatto-indagini). Nel ‘bocciare’ la tesi di Robledo, il giudice definisce “senza fondamento” la sua ipotesi accusatoria. (m.d’a.)

Sea, il fantasma di Bruti in aula. “Tutti assolti”
Robledo: Non ho potuto indagare a fondo

C’è il fantasma del capo della procura Edmondo Bruti Liberati al settimo piano nell’aula dell’udienza preliminare sull’acquisizione della Sea che si chiude con il proscioglimento di Vito Gamberale, di Mauro Maia e di un manager indiano. Per il gup Anna Maria Zamagni non ci sono elementi tali da portare a un processo. Il giudice fa riferimento a un capo di imputazione “limitato”. Si tratta di parole che paradossalmnete collimano con quanto aveva detto in mattinata il pm Alfredo Robledo che, pur insistendo sulla richiusta di rinvio a giudizio per turbativa d’asta dei tre imputati, aveva precisato: “Non è stato possibile approfondire le indagini”.

E’ l’affermazione che senza citarlo esplicitamente chiama in causa il capo della procura Bruti Liberati i n relazione al ritardo di 6 mesi con cui il fascicolo Sea era approdato sul tavolo di Robledo. “Una mia colpevole dimenticanza” aveva spiegato Bruti. La colpevole dimenticanza fin qui pesa sul destino dell’inchiesta che aveva fatto emergere la guerra interna alla procura di Milano tra Bruti e l’aggiunto Robledo, allora a capo del dipartimento anticorruzione e di recente “sbattuto” a quello delle esecuzioni penali.

Quando Robledo ha il “la” del capo dellufficio per indagare a marzo 2012 sono passati 6 mesi dal momento in cui da Firenze era arrivata la conversazione intercettata in cui Gamberale e Maia parlarono di “gara su misura”. E quando Robledo inizia gli accertamenti la gara per l’acquisizione della Sea è già finita, i giornalli hanno già scritto di quell’intercettazione. Dunque Gamberale e gli altri sanno di essere stati iscritti nel registro degli indagati e di conseguenza non sarebbe fruttuoso intercettarli.

Quando Robledo chiede il rinvio a giudizio sembra consapevole di un’inchiesta dimezzata. E il giudice accoglie in sostanza il contenuto delle memorie difensive, nel senso che valuta l’inesistenza di elementi tali da far pensare che la società indiana abbia accettato la proposta di non partecipare. Robledo aveva insistito sulla necessità di valutare i comportamenti che avrebbe portato a un esito diverso. Il procuratore aggiunto ora dovrà decidere se ricorrere o meno in Cassazione.

Il gup Zamagni è anche relatore al consiglio giudiziario in merito alla querelle Bruti-Robledo, e di conseguenza sul capitolo Sea dove oggi è arrivata la sua decisione. Il giudice sta recitando due parti in commedia. Criteri di opportunità avrebbero dovuto consigliare il giudice di spogliarsi di uno dei due ruoli. Non è stato così. E la circostanza finisce per aumentare le incertezze e le contraddizioni in una vicenda dove il Csm continua a decidere di non decidere. I magistrati insomma scimmiottano i politici, dai quali si proclamano indipendenti e autonomi persino quando si parla di ferie. (frank cimini)

Sea, quando il gup è anche relatore al consiglio giudiziario

Venerdì prossimo 24 ottobre il gup Anna Maria dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di mandare sotto processo per turbativa d’asta Vito Gamberale e altri due imputati in relazione all’acquizione della Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Milano. Stiamo parlando del famoso fascicolo “scomparso”, assegnato con 6 mesi di ritardo al procuratore aggiunto Alfredo Robledo e punto cruciale della guerra interrna all’ufficio inquirente con il capo della procura Edmondo Bruti Liberati.

Il giudice Zamagni fa parte del consiglio giudiziario del distretto ed è relatore sulla querelle Bruti-Robledo insieme alla collega Annunziata Ciaravolo. Dovrà riferire dunque anche sul capitolo di cui si occupa in sede di udienza preliminare. Il giudice recita due parti nella stessa commedia. E non si tratta di una vicenda qualsiasi, ma della storia che ha diviso la procura milanese e dove il Csm fin qui ha brillato per la sua capacità di rinviare e di non decidere, pur avendo da tempo tutte le carte a sua disposizione per farlo.

Il doppio ruolo del giudice Zamagni rischia di finire per aumentare le incertezze e le contraddizioni di un’inchiesta, quella sull’acquisizione della Sea, già azzoppata dal ritardo con cui il fascicolo era arrivato al dipartimento di competenza dopo che se ne erano perse le tracce a causa di “una mia colpevole dimenticanza”, per citare parole con le quali Bruti Liberati si era assunto la responsabilità dell’incidente.

Non era stato possibile intercettare Gamberale e gli altri indagati perché era finito l’effetto sorpresa dal momento che i diretti interessati sapevano della loro iscrizione nell’apposito registro. Nonostante ciò a conclusione delle indagini Robledo chiedeva il rinvio a giudizio su cui dovrà decidere il gup. Insomma è un fascicolo che non trova pace nell’ambito di una storia che all’immagine della magistratura nel suo complesso ha fatto non pochi danni. E nel caso specifico nessuno può alludere a complotti organizzati da imputati, nemmeno dal più eccellente di tutti (frank cimini)

Sabbia sulla Sea, come per Fiat, Pds e Mediobanca 20 anni fa

Il Csm sostiene che a Milano non ci sarebbe stato “nocumento” alle indagini. Ma a dire il contrario è la storia del fascicolo Sea “dimenticato” per sei mesi un cassetto dal procuratore Bruti e affidato a Robledo solo quando la gara d’asta si era già svolta, gli indagati sapevano di essere sotto inchiesta e  quindi sarebbe stato inutile intercettarli. Su Sea c’è stato un tentativo di insabbiamento praticamente riuscito e causato dalla volontà di non mettere in difficoltà e in imbarazzo la giunta di centrosinistra allora da poco insediata.

Bruti, nominato nel 2010 quasi all’unanimità dal Csm, molto sensibile agli umori e alle esigenze della politica, ha teso a garantire un po’ tutti. Tanto che aveva cercato di evitare l’indagine su Guido Podestà presidente della Provincia per le firme false del listino Formigoni. Mentre sul cosidetto Rubyter non è stato fatto un solo atto di indagine (almeno non noto alla stampa).

Milano nuovo “porto delle nebbie” la definizione storica un tempo della procura di Roma? Insomma nuovo e vecchio. Del resto, nonostante le serenate al pool da parte di giornali con editori sotto schiaffio come imprenditori, anche Mani pulite fu caratterizzata da spezzoni di inchiesta che improvvisamente si fermavano o non partivano proprio. Fiat. Mediobanca, Pci-Pds tanto per stare ai casi più eclatanti.

Romiti allora deus ex machina di Fiat finse di collaborare presentando un elenco di tangenti pagate pieno di lacune. Era tecnicamente inquinamento delle prove. Non solo non fu arrestato quando altri per molto meno finivano in carcere, ma l’inchiesta sul colosso dell’auto si fermò dopo una riunione con gli avvocati nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli.

Mediobanca si pappò la Montedison in modo illecito ma non accadde nulla nemmeno quando nel corso del teleprocesso a Sergio Cusani l’avvocato Spazzali disse al pm Di Pietro: “Se lei decide di andare a fare quattro passi dalle parti di via Filodrammatici io la accompagnerei volentieri”.

Il gip Ghitti rigettò per due volte la richiesta del pool di archiviare le accuse a Marcello Stefanini allora cassiere del Pds ordinando nuove indagini indicando 12 punti. I pm non fecero nulla tranne una ridicola e folkloristica rogatoria aBerlino. Poi… un gip che archivia si trova sempre.

Ma non si tratta di toghe rosse. Era un problema di opportunità politica. Nel caso i pm avessero approfondito arrivando ai vertici del Pds, il Parlamento avrebbe in tre giorni varato un’amnistia e la “mitica” Mani Pulite sarebbe finita.

Per non parlare poi dell’Eni. Sempre al processo Cusani il pm Di Pietro chiese all’ad Bernabè: “L’abbiamo finita con i falsi in bilancio?”. “La stiamo finendo”, fu la risposta. Cioè, c’era un reato in corso. Ma non ci fu indagine. Bernabè era considerato “l’Eni buono”, quello dei manager che collaboravano con la procura. Collaboravano si fa per dire. Tra questi c’era il banchiere Pacini Battaglia, colui che intercettato diceva: “Si pagò per uscire da Mani pulite… Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato”. Ma Di Pietro allora era intoccabile. A Brescia prevalse la ragion di Stato.

Insomma niente di nuovo sotto il sole. I magistrati agiscono spesso e volentieri per ragioni politiche. Lo dice Berlusconi? Il vecchio di Treviri, che non militava in Forza Italia, sosteneva che a volte i reazionari benpensanti affermano verità che neanche i progressisti… (frank cimini)